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AMORI E PASSIONI
IN LUNIGIANA

   Riccardo varese Pietro Cerruti Leri  
Un conte di Fivizzano che apre un buco nei muro per mettere in comunicazione la sua casa con quella di una giovane e bella coinquilina. La predilezione dei marchesi Malaspina per le mogli degli altri. La bellissima nobildonna rivale della Pompadour nel cuore di Luigi XV, re di Francia. Un'affascinante aviatore che fece perdere la testa a LiaLa. L'eleganza raffinata della incantevole Maria Teresa Coppini, amante di D’Annunzio, che abitò la casa che, secondo il quotidiano «La Nazione», vorrebbe acquistare George Clooney. Sono racconti di grandi passioni che hanno eccitato o turbato la Lunigiana. Ma sono anche un modo diverso per raccontare la storia della nostra terra.......
 
23 marzo 2014
Grandi amori e passioni in Lunigiana
Quando in Lunigiana la storia parla d'amore
 
Un conte di Fivizzano che apre un buco nei muro per mettere in comunicazione la sua casa con quella di una giovane e bella coinquilina. La predilezione dei marchesi Malaspina per le mogli degli altri. La bellissima nobildonna rivale della Pompadour nel cuore di Luigi XV, re di Francia. Un'affascinante aviatore che fece perdere la testa a Liaia. L'eleganza rafiinata della incantevole Maria Teresa Coppini.
Sono racconti di grandi passioni che hanno eccitato o turbato in passato la Lunigiana. Ma sono anche un modo diverso per raccontare la storia della nostra terra.......
 

La storia della Lunigiana è anche storia di grandi amori, avventure galanti, personaggi fascinosi. Vogliamo provare a raccontarla. Gli esperti. gli scienziati. gli storici col pedigree ci perdonino l'intrusione: è lontana da noi l'idea di insegnare qualcosa a chi sa già tutto.

PONTREMOLI NASCE DA UNA STORIA D'AMORE
Poteva essere bello sin che voleva. essere un valoroso guerriero, ma con un nome così si presentava davvero male: Treponzio. “Piacere. Treponzio", immaginate di doverio dire a una ragazza appena conosciuta. Non vi verrebbe la paura che quella si metta a ridere?
Si, ai nostri giorni un nome così sarebbe una palla al piede per qualsiasi tentativo di approccio. Ma evidentemente non era così nei tempi passati, anzi. State a sentire. ll nostro Treponzio era stato messo al comando di una legione dalle nostre parti nientemeno che da Alarico, re dei Goti. Mentre era qui a fare il comandante, un bel giorno mise gli occhi su una fanciulla del posto e si innamorò.
La bella, evidentemente, non andava troppo per il sottile in fatto di nomi, per cui non
trovò niente di male nel ricambiare l'amore del comandante. E si sposarono.
In genere, due che si sposano, pensano al massimo di mettere su casa. Invece Treponzio era uomo di grandi ambizioni, disdegnava i due vani più servizi. Aspirava a grandi spazi. Pensa e ripensa. gli venne una idea geniale: invece della solita casetta decise di costruire una intera città. E così fondò Pontremoli.
Almeno così dice la storia. Naturalmente quella da prendere con le pinze. Ma, veritiero o no, l'episodio la dice lunga sul ruolo che la donna e l'amore hanno sempre avuto in Lunigiana. Perchè se anche Treponzio e tutto il resto fossero una grossa panzana, resta il fatto che la leggenda nata dalla tradizione popolare individua una vicenda amorosa come causa del sorgere di una città. E’ innegabile che altre tradizioni, per vicende analoghe, hanno caratteristiche meno romantiche. Basta pensare a quando, da bambini, la maestra ci raccontava di Romolo che accoppava Remo sul solco che segnava il perimetro della futura città eterna.
Da noi in Lunigiana, di città eterne non se ne sono ancora viste, ma, se tanto mi da tanto, è meglio discendere dal buon Treponzio col debole per le sottane, che da un energumeno che scanna il fratello solo perchè attraversa un solco.

IL DON RODRIGO DI FIVIZZANO
Con queste discendenze, la Lunigiana non poteva che essere terra di grandi amori, o, perlomeno, teatro di grandi vicende amorose. Sublimi o squallide, passionali o platoniche:
non si sa da dove iniziare. Sciogliamo l’ imbarazzo con un paio di storie fosche popolate di personaggi alla Don Rodrigo e fanciulle innocenti immolate alla cupidigia di satiri spietati.
Il simpatico Treponzio che sin dalla fatidica prima notte non pensa ad altro che a fondare una città è molto lontano.
Siamo verso la fine del mille e seicento e precisamente a Fivizzano dove vive il conte Giuseppe Maria Felicini. A dispetto del cognome piuttosto mite, il nostro è abituato ad usare l'arroganza e la prepotenza come metodo di vita.
Così, quando un brutto giorno posa gli occhi su una ragazza del paese, decide che diventerà la sua amante senza averle chiesto non dico un assenso, ma neppure un parere. Per attuare il suo turpe proposito si serve di due circostanze che gli sono estremamente favorevoli. La prima è che la ragazza abita in una casa attigua alla sua, la seconda è che a quel tempo felice non esistevano ancora piani regolatori, abusi edilizi e permessi per costruire o modificare un'abitazione. Un bel vantaggio per chi, come Felicini, ha in mente di aprire un buco nel muro per mettere in comunicazione la casa della ragazza con la sua. Ma, se bastasse un varco in una parete per far sì che una bella coinquilina entri in casa d’altri, avremmo certi condomini ridotti come groviera. Ci vuole, naturalmente, anche la volontà della bella a usufruire del passaggio. Felicini supera l’ostacolo minacciando la fanciulla e la sua famiglia. Con l’aiuto dei suoi bravacci alla fine ottiene il risultato sperato. La tresca va avanti qualche mese, sinchè in paese non si co- mincia a mormorare del pertugio nel muro e dell’insolito uso che ne viene fatto. La cosa monta sino a raggiungere le dimensioni dello scandalo. I familiari della bella sedotta sono sul punto di ribellarsi alla situazione. Per non mollare la preda Felicini ha una sola scelta: rapirla. E così fece. Erano, quelli, tempi difficili in cui non si andava tanto per il sottile con i rapitori. Non c’erano sconti di pena per i pentiti, attenuanti, cavilli legali o cose varie. Con certa gente si ragionava a moschettate. E così un bel giorno le truppe del Granduca di Toscana Cosimo III arrivarono a Fivizzano con la scusa di una esercitazione. E la esercitazione la fecero davvero, ma sparando contro la casa del Conte dopo avergli inutilmente intimato di liberare la rapita. A Felicini, tanto amante dei buchi nel muro, non piacquero per niente quelli prodotti dalle palle di piombo nell’intonaco della facciata, e si arrese.
Quando i soldati entrarono della casa del Conte per cercare la prigioniera, si accorsero che il suo rapimento non era stato uno sconsiderato colpo di testa, ma la conseguenza di una pessima abitudine. Felicini evidentemente ci aveva già provato altre volte perchè, oltre alla ragazza di Fivizzano, fu liberata anche un’altra giovane rapita tempo prima a Bologna. Pare che fossero tutte e due incinte. Il conte finì i suoi giorni in carcere, ma non gli andò tanto male. Prima di tutto salvò la pelle. Secondariamente, a pensarci bene, la prigionia lo liberò dalla non trascurabile seccatura di avere due mogli.

IL VIZIETTO DEI MALASPINA

Stiamo, naturalmente, scherzando; le mogli non sono sempre una seccatura. Lo sapevano benissimo anche certi marchesi Malaspina, che per le mogli avevano una vera predilezione. Le mogli degli altri.
Strenui difensori del “diritto della prima notte”, alcuni di essi non esitarono ad esercitarlo sino alle estreme conseguenze. Si sa che allora le fanciulle da marito dovevano compiere la prova generale della prima notte di nozze col signore del feudo, ma non è altrettanto risaputo il modo in cui i malcapitati fidanzati accettavano la circostanza. Pare non proprio allegramente, se è vero che due marchesi di Godano furono uccisi a badilate dai futuri mariti inferociti e dai parenti delle promesse spose.
Tra la stirpe dei nobili Signori della Lunigiana vi fu anche qualche ardito giurista che interpretò il diritto in modo piuttosto estensivo. Come i due Marchesi di Olivola che, oltre
alla prima notte, si presero anche la seconda e terza e via dicendo con la moglie di un valoroso capitano. Mentre il prode guerriero combatteva in Francia, i due, anzi i tre, se la spassavano allegramente nel castello sopra ad Aulla. Un giorno però il capitano ritornò e,
quando si accorse del triangolo, mise in pratica quello che la guerra gli aveva insegnato a fare tanto bene: accoppare la gente. Uccise tutti e tre i protagonisti dell’intrigo amoroso, poi, temendo la vendetta dei parenti delle sue vittime, ritornò a fare la guerra nella patria dello Champagne.

LA BELLEZZA PROVERBIALE DI ANNA MALASPINA
Per combattere un altro tipo di guerra raggiunsero Francia, terra di grandeur, anche altri personaggi della piccola Lunigiana. Due donne bellissime, che, completamente disarmate,
potevano valere più di un intero esercito.
Dalla loro avevano un fascino indiscusso che i politici del tempo cercarono di usare per influenzare l dcisioni di re e imperatori. Nel castello della Bastia, sopra Licciana Nardi, nacque Anna Malaspina. La sua bellezza era proverbiale e per lei una turba di poeti più o meno famosi si scatenò in liriche amorose e poesie appassionate. La bella Anna non accese soltanto la fantasia degli esperti in versi e rime. Quando ci fu bisogno di intervenire per questioni politiche presso il re Luigi XV, ci fu chi pensò a lei.
Le sue grazie furono contrapposte nientemeno che a quelle universalmente note di Giovanna Antonietta Poisson, marchesa di Pompadour, favorita del successore del Re
Sole. Fu una gara difficile, combattuta dalla rappresentante della nostra terra con accanimento e passione.
Ma, in fatto di seduzione, fu come sbattere sul quadrato un peso piuma contro un peso
massimo. L’esperienza e il mestiere di madame di Pompadour ebbero la meglio sulla grazia e il fascino di Anna. La bella lunigianese, insomma, resistette per diverse riprese, non finì al tappeto, ma perse decisamente ai punti. Il re, dopo aver fatto le opportune prove, si tenne la vecchia favorita e per Anna non ci fu che la via del ritorno.

LA CONTESSA DI CASTIGLIONE
Ai tempi del risorgimento la più bella donna d’europa era Lunigianese. Precisamente di La Spezia. Si chiamava Virginia Oldoini e a diciotto anni sposò il cugino di Cavour, Francesco Castiglione. La bellezza non era che una delle tante qualità che la ragazza possedeva. La sua eleganza era proverbiale, era colta, intelligente e dotata di un carattere fortissimo. Dopo che l’ebbe conosciuta, Cavour non ci pensò su un attimo ad affidarle una missione “diplomatica” delle più difficili. La contessa Castiglione si trasferì a Parigi e usò tutto il suo fascino per incantare Napoleone III e convincerlo a sposare la causa italiana. Misurare il grado di riuscita dell’impresa è onestasmente difficile, resta il fatto che l’Imperatore non fu certo insensibile alla bellezza della nobildonna spezzina. Oltre al cuore di Napoleone III, Virginia Castiglione conquistò anche quello della capitale francese. Per un certo periodo fu l’ospite più ricercato dei salotti e delle feste, non si contano i personaggi del tempo che si innamo-
rarono di lei. La sua vita diventò leggenda. Una leggenda dal finale drammatico. La donna che col suo fascino aveva forse influenzato le sorti di una nazione, non accettò l’idea di perdere, con gli anni, la bellezza e la fama. Quando i segni del tempo cominciarono a mutare il suo aspetto, non uscì più di casa perchè nessuno potesse vederla invecchiare. Giunse ad ordinare alla servitù di oscurare tutti gli specchi: la vista della sua bellezza sfiorita le era insopportabile. Quando morì, pochi si ricordarono di lei.

LA DAMA VELATA E IL DUCA DI PARMA
La Lunigiana non è stata soltanto base di partenza di spedizioni sentimentali verso la conquista di cuori blasonati. E’ accaduto anche il contrario. Carlo III di Borbone, Duca di Parma, veniva spesso dalle nostre parti accompagnato dal suo variopinto seguito.
Era dell’idea che non vi fossero posti migliori dei nostri per le battute di caccia e le esercitazioni militari. E anche per qualcos’altro. Le schioppettate alle lepri o ai fagiani e le manovre delle truppe non lo impegnavano, infatti, più di tanto. Appena aveva un momento libero, pare che si ritirasse nelle stanze del1’albergo del Pavone, a Pontremoli, in compagnia di una misteriosa signora: la “Dama Velata”.
Sull’identità del personaggio misterioso si sono fatte molte congetture: c’è chi giura che si trattasse di una nobildonna del luogo, e chi sostiene che fosse la discendente di una antica famiglia fiorentina.
La tradizione popolare è, invece, categorica: la “Dama Velata” era una giovane di Bratto che un giorno aveva ammaliato il Duca preparandogli una «patona» così buona da fargli perdere la testa. L’ipotesi è senz’altro suggestiva, perchè getta nuova luce sulle reali proprietà dell’umile piatto delle nostre montagne.

TERESA COPPINI, LA NOBILDONNA AMATA DA D'ANNUNZIO E GUIDO DA VERONA

Una discendente della nobile famiglia Coppini abitava in una bellissima villa a pochi chilometri da Pontremoli. Donne così belle non se n’erano mai viste in Lunigiana. Teresa Coppini era di un’eleganza raffinatissima affidata a sartorie fiorentine, girava a bordo di una splendida Isotta Fraschini. Alla bellezza e allo stile, la nobildonna univa intelligenza e cultura. Ce n’era abbastanza per fare del suo salotto il più ambito da uomini di cultura ed intellettuali. lntomo al suo personaggio sorsero delle vere e proprie leggende, come quella che la voleva amante di D’Annunzio, che sicuramente per un certo periodo la frequentò. Fra le “vittime illustri” del suo fascino vi fu Guido da Verona, lo scrittore di maggior successo commerciale degli anni venti e che più volte si ispirò alla nobildonna nella descrizione di personaggi femminili misteriosi e affascinanti. Il suo romanzo «Mimì Bluette fiore del mio giardino», raggiunse nel 1922 le 300.000 copie.
L’attenzione del romanziere e l’amicizia che ne ebbe in cambio non furono mai considerate con troppa benevolenza dai frequentatori della casa Coppini. Fra tutti lo storico Giuliani, che non si capacitava come la signora potesse accettare anche solo le attenzioni di quello che deifniva «scrittorello da strapazzo».
La ragione di un giudizio così drastico stanno nel fatto che lo stesso Giuliani non era immune dal fascino della Coppini. Una volta il mezzadro che abitava nei pressi della bellissima villa abitata dalla nobildonna, lo sorprese a vagare nei campi in piena notte e gli chiese cosa facesse lì a quell’ora. La risposta, piuttosto diplomatica, fu: “Stavo studiando le stelle”.
Da allora “guardare le stelle”, da quelle parti significa più o meno “andare a morosa”. Si dice che, nel tentativo di competere con antagonisti molto più “di mondo” di lui, lo studioso pontremolese facesse all’amata i doni più esclusivi, come le ciprie che faceva arrivare apposta da Parigi. Fu, pare, tutto inutile.
La bella signora continuò a popolare soltanto i sogni del del suo spasimante che si era ritirato a vivere in un vero e proprio “nido d’aquila”: una casa solitaria appollaiata sulla cima di una collina scoscesa. Sotto la collina, ironia della sorte o scelta romantica, sorge la Villa di Teresa Coppini

L'AVIATORE DI LIALA
Se sotto i cieli della Lunigiana sono nate tante vicende sentimentali da poter riempire qualche romanzo, nel cielo della Lunigiana ha volteggiato l’ispiratore di innumerevoli storie d’amore. Quelle storie d’amore che sono racchiuse in quei piccoli volumi dalle copertine illustrate dove uomini fascinosi abbracciano donne sognanti sullo sfondo di paesaggi lontani. Sono i libri di Liala, la regina del romanzo rosa, che hanno fatto sognare e piangere generazioni di nonne e di mamme.
Trovare un libro di Liala dove il protagonista più fascinoso non sia un aviatore, è come girare per un giorno in Vaticano senza incontrare un prete. Ci si può chiedere dove Liala abbia trovato l'ispirazione per questo personaggio. La risposta è scontata: naturalmente in Lunigiana. Proprio così. Quasi certa è la frequente presenza di Liala a Ca’ di Mare, a La Spezia, in attesa di un bel pilota che discendeva sul mare a bordo del suo idrovolante. La nascita del personaggio in questione è contesa fra Pontremoli e Aulla, mentre lo scenario della sua storia sentimentale si allarga a tutta la Lunigiana. Cielo compreso.
Oltre ad essere l’ispiratore ideale, il comandante era anche il consulente tecnico dei romanzi. Basta leggerne poche pagine di uno qualunque per capire che certe descrizioni appartengono a uno del mestiere. Quanto durò la relazione di Liala con il “lunigianese volante”, la storia non lo dice. E’ però innegabile che Liala ha scelto la Lunigiana come teatro del suo personale romanzo d’amore.
Rassegniamoci, lo dice un’esperta: per certe cose la nostra è la terra adatta.

 
 

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